End of Waste e Sottoprodotti

Categoria: Ambiente / Acustica, News, Sicurezza e Prevenzione Incendi

Nella crescente attenzione sull’economia circolare e la nuova normativa mirata a realizzarne i principi nella gestione dei rifiuti, c’è il concreto rischio di confondere end of waste con sottoprodotti. Entrambi hanno l’obiettivo di ridurre la produzione dei rifiuti e di reimmettere nei cicli produttivi i materiali di scarto, quando possibile, ma differiscono per una caratteristica fondamentale: il momento in cui si realizzano nella gestione dei rifiuti.

Ai sensi della Direttiva 2008/98/CE Art 4, si individuano le seguenti azioni da operare sui materiali di scarto in ordine di priorità:

  1. Prevenzione
  2. Riutilizzo
  3. Riciclaggio
  4. Recupero
  5. Smaltimento

Tra prevenzione e riutilizzo si colloca il bene (non-waste) e rifiuto (waste), come illustrato nello schema disponibile cliccando qui.

Il sottoprodotto previene la produzione dei rifiuti: è un materiale che resta sempre tale ovvero che non diventa rifiuto in alcun momento del proprio ciclo di vita. È sì uno scarto risultante da un processo di produzione, ma la valutazione per il reimpiego in altri cicli produttivi interviene prima che il produttore possa identificarlo e gestirlo come rifiuto.

Il sottoprodotto è disciplinato dall’art. 184-bis, introdotto nel D.Lgs. 152/2006 attraverso il D.Lgs. 205/2010, che recepisce i dettami della Direttiva 2008/98/CE secondo le seguenti condizioni che devono coesistere:

  1. La sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;
  2. È certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;
  3. La sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
  4. L’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.

La normativa vigente impone di valutare caso per caso quando uno scarto può essere considerato sottoprodotto, ovvero di attuare una serie di controlli specifici affinché il processo di valutazione consenta di prevenire ogni rischio, tanto per l’ambiente quanto per le persone che reimpiegheranno il materiale in nuovi processi produttivi e per coloro che si serviranno del prodotto risultante.

Quando la nostra materia è configurabile come rifiuto, subentra la possibilità di riutilizzo attraverso operazioni di recupero. L’end of waste è un rifiuto che cessa di essere tale. A differenza del sottoprodotto, nella prima fase della propria “vita” è da considerarsi rifiuto in tutto e per tutto; solo successivamente, attraverso determinate operazioni di recupero materiale, può “riscattare” il proprio status di bene recuperando utilità ai fini di un determinato processo produttivo e lo stesso è disciplinato dall’art. 184-ter del D.Lgs. 152/2006.

Nello schema disponibile cliccando qui si evidenzia la diversa origine delle due tipologie di “non-rifiuto”: sottoprodotto ed end-of-waste.

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